C’è una strana puzza di bruciato a Troja. È l’odore
acre di gomma, plastica e benzina che bruciano nei troppi roghi di automobili
ai quali assistiamo esterrefatti da qualche tempo. È un odore che impregna le
notti di questa città e non ci fa dormire. La comunità in questi giorni si
interroga, cerca di comprenderne le cause e di individuarne gli autori e
soprattutto si anima su ciò che bisogna fare per arginare il fenomeno. Di
fronte a cose di questo tipo le prime parole che vengono in mente sono:
controllo, sicurezza e repressione. Bisogna però preoccuparsi quando di queste
parole si abusa e, soprattutto, quando si smette di credere nello Stato e si
pensa di gestire controllo, sicurezza e repressione in modo autogestito con le
“ronde”. Questo è ciò che fa la Lega nella sua follia secessionista antistato. Questo
è ciò che fa chi crede nella “giustizia fai da te” che è la premessa culturale
della mentalità mafiosa (se lo Stato non c’è, faccio da me). Certamente chi ha
proposto cose simili a Troja non è né leghista né mafioso. Anzi! Chi lo ha
fatto ha avuto la reazione naturale e comprensibile di chi vuole far qualcosa e
non restare con le mani in mano. È la reazione positiva e genuina di chi vuole
combattere l’omertà. Ma quel desiderio di impegnarsi per la comunità va
orientato in una direzione diversa.
Compito della cittadinanza attiva, in momenti
come questo, è innanzitutto quello di suonare il campanello d’allarme per
chiedere a chi è deputato a garantire la sicurezza dei cittadini di fare
qualcosa in più. Bisogna far comprendere che siamo in una situazione di
emergenza per chiedere un surplus di
impegno e di iniziativa. Normalmente, per esempio, un presidio notturno delle
forze armate in un piccolo borgo come il nostro sarebbe forse un eccesso in
termini di costi se commisurato al reale tasso di criminalità. Ma in una
situazione di emergenza come questa forse potrebbe essere utile e necessario.
Ed è per questo che noi di LèP chiediamo a gran voce a chi di competenza di
attivarsi tempestivamente in questa direzione. E continueremo a farlo come
stanno facendo tante altre forze politiche e sociali della nostra città in
queste ore. A chi governa questa città chiediamo di porre in essere tutte le
iniziative possibili volte a supportare l’attività di controllo delle forze
dell’ordine. Ai cittadini tutti chiediamo infine di collaborare denunciando
senza timore tutto ciò che possa aiutare le indagini.
Non è però con la sola repressione che si
risolve il problema. Bisogna provare ad andare oltre e domandarsi da cosa
nascono questi fenomeni per poterli eliminare alla radice. Il fatto che ci
siano persone che nottetempo incendiano le automobili o che in generale
delinquono, cosa che accade sempre più spesso in questo territorio, è una
manifestazione di un disagio sociale profondo. E da cosa può nascere questo
disagio? Nasce da ragioni molteplici: dal
drammatico aumento della disoccupazione e della precarietà, dall’impossibilità
di immaginarsi un futuro per se e per la propria famiglia, dal consumo
crescente di droghe pesanti che interessa ormai una fetta straordinariamente
ampia della popolazione, dalla mancanza di luoghi sani di aggregazione sociale. È triste quando in una città i
centri giovanili (comunali e religiosi) non producono aggregazione, mentre
nascono come i funghi luoghi dove si gioca d’azzardo e si scommette. È il sintomo
di una comunità che fa difficoltà a pensare al proprio futuro, che resta “appesa
al filo delle scommesse”, nella più triste precarietà esistenziale.
Di fronte ad un disagio sociale così ampio e
diffuso, non si può pensare di agire solo quando il problema si manifesta così
drammaticamente. Perché in queste situazioni non c’è telecamera che tenga e
anche le forze dell’ordine da sole non bastano: c’è bisogno dell’aiuto di
tutti. Bisogna creare occupazione, sostenere e valorizzare i capaci e
meritevoli, creare le condizioni perché tutti (tutti) possano costruirsi il
proprio futuro lavorativo. Bisogna dar vita a luoghi e momenti di aggregazione
sociale, nei quali i giovani e i cittadini tutti possano incontrarsi, conoscersi,
innamorarsi, divertirsi e vivere in modo sano apprendendo i valori dell’onestà,
della giustizia, della libertà e della legalità. Bisogna insomma prosciugare il
mare del malessere sociale, delle tossicodipendenze, dell’omertà e della
corruzione dove nuotano i pesci della criminalità. Bisogna, in altre parole,
uscire dalla paura con la forza di una comunità che crede in se stessa e nei
propri figli e si preoccupa del proprio avvenire. Questa comunità, la nostra, è
in grado di farlo se, di fronte all’emergenza nella quale ci troviamo, riesce ad
unirsi, a guardare oltre il proprio naso e a mettere le basi per sradicare il
disagio in modo duraturo.
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